Per il settimo episodio della rubrica Inter Club Torino 1963: una Storia, tante Storie…, giovedì 20 febbraio abbiamo incontrato Daniela Bongiorno, figlia di Amerigo Barba Bongiorno, storico fondatore del Club.
E’ quindi la volta del racconto di una di famiglia, quella Bongiorno, che è e sarà indissolubilmente sempre legata alla storia dell’Inter Club Torino. Sono infatti bastati una stretta di mano e pochi sguardi per capire la carica emotiva che avrebbe portato con sé questo momento.
E giusto per non farsi mancare nulla, abbiamo invitato anche Jacopo, figlio di Daniela e nipote del Barba, grazie al quale del resto questo incontro non sarebbe stato possibile.
L’immersione fino alle origini
Dopo l’accoglienza calorosa e la preparazione della postazione, l’intervista inizia con Daniela che da subito dimostra una straordinaria carica e una forte emozione nel rituffarsi al tempo delle origini.
Mentre sfogliamo alcune foto e immergiamo a capofitto nel passato, inizia il racconto.
Papà si trasferisce a Torino con la famiglia a fine anni ’50, esattamente nel 1955, e preleva un bar (il Bar Marconi, ndr). Era un istrione simpatico, gestiva questa attività come un leader inclusivo, dimostrando fin da subito grande accoglienza.
Anche Daniela ha dato una mano alla famiglia nella gestione giornaliera del bar, ed in particolare prima di uscire per le lezioni universitarie.
Il microcosmo Bar Marconi
Intorno al bar gravitava ogni spaccato della società dell’epoca, e poco per volta spinto dalla passione per l’Inter ha pensato di creare il Club, grazie all’ampia base sociale a disposizione: dall’operaio (erano gli anni dell’industrializzazione) agli impiegati, dagli ingegneri fino ai contabili.
La zona al tempo era un punto nevralgico per il sistema di trasporto pubblico, fungendo da terminal per molte linee di autobus.
Confluivano bus da tutto il circondario del torinese: Trofarello, Vinovo, Piobesi, ma anche dall’astigiano e da altre province. C’era un esercito di pendolari. Il bar accoglieva ondate di persone, partendo dalle quattro del mattino partiva infatti il giro delle colazioni, anche grazie al contributo degli autisti che portavano tanti prodotti dai loro viaggi.
Più si entrava nel vivo della mattinata, più le presenze aumentavano.
Dalle sei alle sette era il turno dei lavoratori, mentre successivamente toccava agli studenti, in attesa di accedere ai plessi scolastici. Ricordo che quando al mattino arrivavano questi ultimi, papà li invitava subito ad entrare per ripararsi dal freddo. E pensando al Club, tali nobili gesti erano certamente un ottimo strumento di “arruolamento” per i giovani interisti.
Il flusso si alleggeriva poi dopo le otto e trenta, quando tutti erano ormai impegnati fra lavoro e scuola.
L’Inter come elemento di rivalsa
Il Club si è sviluppato, come dett0, durante il periodo dell’industrializzazione.
Erano anni di lotte operaie, e molti dei frequentatori del bar erano stipendiati FIAT, e per una forma di rivalsa nei confronti del padrone Agnelli c’era un autentico rifiuto nel supportare la Juventus.
Le persone non potevano sostenere la squadra di calcio di colui che era un bersaglio continuo di scioperi. Il Torino al tempo aveva poco appeal, ed ecco che l’Inter rappresentava un’ottima via di mezzo.
Ma al netto di questo, l’Inter Club Torino nasce nel periodo d’oro in cui si consolidava la Grande Inter, quindi era molto semplice attirare tifosi.
La televisione
Il carattere inclusivo del bar era garantito anche dal fatto che c’era la televisione, strumento che al tempo in pochi possedevano.
Molti, addirittura intere famiglie, frequentavano il locale per guardare i programmi cult del periodo (sicuramente Rischia Tutto, condotto da Mike Bongiorno, il quale durante l’infanzia abitava al numero 9 di corso Marconi). Ricordo, tra gli altri, una signora anziana con la figlia, il genero e il nipotino che venivamo a guardare i loro programmi preferiti.
La festa di Imbersago
Anche Daniela ha avuto la grande fortuna di partecipare alla festa di Imbersago a casa Moratti, toccando con mano la Coppa dei Campioni.
Io ero timida, ma con un papà così esuberante al fianco lo ero doppiamente. Mi vergognavo, però lui ha voluto portarmi. C’erano i giocatori, tra i quali Aristide Guarneri, che io conoscevo bene, quindi ci teneva molto che partecipassi. Infatti mi costrinse.
È stata una festa prestigiosa, con la partecipazione della Milano bene. Da Torino non eravamo in molti, anche perché c’erano già tantissimi invitati.
La partecipazione ad un simile evento non era da tutti, ed infatti ha dato tanto lustro al Club.
Mio papà era molto ferreo sui comportamenti all’interno del Club, diceva sempre: “siamo dei signori, noi”. Quelli un po’ più esuberanti avevano sempre qualcuno accanto che li stemperava. Quando il Barba è stato nominato Coordinatore Regionale ci siamo sentiti il Club quasi pilota. Bisognava essere correttissimi, c’era quasi una vocazione educativa.
L’amicizia con Guarnieri
Fra i vari calciatori di cui chiediamo un ricordo a Daniela, quello che certamente ha il peso maggiore è uno in particolare.
Sicuramente Aristide Guarneri. Avevamo legato proprio come famiglie. Papà ha addirittura partecipato al suo matrimonio.
E ci racconta anche un aneddoto.
La prima volta che sono salita su una Porsche è stato con Guarneri. Eravamo a casa sua.
L’impegno umanitario
Unitamente alle iniziative sportive si organizzavano attività di carattere umanitario, fin dall’inizio dell’attività del Club.
Ricordo bene la raccolta fondi per l’UGI, l’adozione di bambini in Africa, ed altre attività fatte per impegnarci dal punto di vista sociale. Le proposte che venivano dai vari Soci venivano discusse, pianificate e trasformate in progetti concreti.
C’è stato un periodo in cui il Barba ospitava un barbone all’interno del bar.
Papà aiutava molto gli altri, e anche grazie a questo a Milano aveva un certo peso.
I tesseramenti in tempo reale e le coppie
Discutendo sul Gruppo dei Giovani Leoni, Daniela ha un ricordo simpatico legato al figlio.
A proposito di giovani, dovete sapere che al tempo c’erano le tessere junior e senior. Sapete che c’erano anche tessere fatte nella prima ora di vita? Mio figlio Jacopo è tra questi.
Era infatti quasi una gara fra Soci. Se nasceva un bambino, allora bisognava tesserarlo immediatamente.
Jacopo conferma: la mia tessera riportava le ore due, firmata da mio nonno (il Barba). Le due e non l’una perché lui era impegnato a fare da testimone al matrimonio del futuro presidente Altobelli. Quindi sono nato durante il matrimonio di Aldo e Luciana.
Altra cosa simpatica è che all’interno del Club si faceva il tifo affinché si formassero delle nuove coppie, perché la speranza era quella di coltivare tanti piccoli interisti per il futuro. Una sorta di investimento in amore e quindi nel futuro del Club.
Le figure di spicco nel Club
Chiediamo a Daniela se ricorda qualche altro protagonista che contribuì, insieme al Barba e a Rodolfo D’Elia (leggi qui l’intervista a quest’ultimo), alla fondazione del Club.
E il primo nome che ci fa è quello di Pierluigi Cugnasco, che da Atto Costitutivo e Statuto risulta essere il primo presidente della storia del Club.
Papà era un leader inclusivo, ma non voleva essere il protagonista assoluto. Cugnasco era molto puntiglioso, preciso, e gestiva l’aspetto burocratico, partecipando poco alla vita del Club. Una persona meravigliosa, non era il tifoso che veniva alle partite. Era la garanzia che tutte le cose si facessero bene, come da suo ruolo.
È stata una persona influente nel Club, c’era una grande amicizia, e ci si frequentava. Quando è mancato avevamo ancora contati molto intensi.
Il rapporto con Fraizzoli
Ci soffermiamo sulla foto riportata sul Libro dei 40 anni del Club, dove il Barba e Ivanoe si baciano molto affettuosamente.
Non solo con Fraizzoli, anche con Moratti. Ma la foto con Fraizzoli, quella ce l’ho a casa in formato gigante. È una dimostrazione di affetto totale, si vede nella posizione delle mani, gli occhi chiusi, e lui che si lascia sopraffare.
L’affetto verso il papà
Una frase di Daniela ci lascia senza parola durante l’intervista, mentre racconta del papà.
Il mio primo amore è stato mio Padre.
Poche parole, che però danno l’idea di chi e cosa era Amerigo Bongiorno, non solo nei confronti della sua famiglia ma di tutti coloro che gravitavano nel suo intorno.
Conferma ne è anche l’insieme dei racconti di tutti i protagonisti di questa immensa storia che stiamo intervistando, non ultimo Michele Santomauro (leggi qui l’intervista allo storico barista), che ha vissuto il Barba come Presidente e come datore di lavoro.
Michele ci ha infatti raccontato di quando Bongiorno lo ospitava a casa, occasioni uniche per orecchiare lo scambio di telefonate con Moratti o Fraizzoli, oppure le richieste di preparare un caffè e girandosi a servirlo c’era davanti Mazzola.
La riunione del venerdì e i preparativi per Milano
Il venerdì sera era il momento della classica, famigerata riunione settimanale del Club.
Se papà era a Riunione io stavo alla cassa. Oppure, quando i bus erano più di uno, già alla sera si preparavano gli affettati per i panini freschi che arrivavano freschi all’indomani. Si preparavano dei sacchetti per il viaggio.
Il viaggio per Milano era vissuto come una sorta di gita, con famiglie intere che salivano sui bus.
Io non partecipavo a tutte le partite, quindi molti dettagli non li ricordo, ma ho in mente che al rientro da Milano lungo tutta via Roma si sventolavano le bandiere e i cantava: “aprite le porte, arrivano i gran campioni”. Era una cosa che aggregava veramente tanto.
L’addio al Bar Marconi
Nel 1989 finisce la storia del Club nella sua prima sede. Avviene infatti il trasferimento da corso Marconi a via Cecchi, sede tutt’ora attuale.
Sapere che a distanza di sessantadue anni ci sono ancora persone che continuano a coltivare quel sogno, quella cosa straordinaria che ha creato papà, non può non farmi piacere. Vedendo l’ampliamento di ciò che è nato, perché era una piccola cosa, diventare una grande associazione, soprattutto dal punto di vista sociale mi inorgoglisce.
Sentivo spesso Aldo, e mi raccontava ciò. Lui si considerava figlio di mio Padre, infatti mi chiamava sorella.
Il momento dei saluti con dei regali inaspettati
Alla fine dell’intervista, Daniela ci dona tanti cimeli, molti appartenuti al Barba.
Un gagliardetto storico del Club con il simbolo del Gianduja, il biglietto aereo per una trasferta a Madrid, un attestato rilasciato dal Centro Coordinamento Inter Club, ma soprattutto un pallone del tempo, in cuoio, autografato da tutti i calciatori della Grande Inter.
E a tal proposito, c’è tempo per un ultimo aneddoto.
Il pallone è stato più volte richiesto a papà da parte di Luisito Suarez, ma lui non ha mai ceduto. Non glielo ha mai voluto nemmeno vendere.
Tutti cimeli che entrano di diritto a far parte della storia e del patrimonio materiale dell’Inter Club Torino.
Ed è donando un mazzo di fiori a tinte nerazzurre che ci lasciamo con Daniela e Jacopo, certi che ci sarà modo di incontrarsi ancora nel prossimo futuro, magari durante la festa già prevista per l’11 luglio proprio nei locali di quello che fu il bar Marconi.
Questo Club continua a vivere crescendo. State facendo un lavoro bellissimo. Sento la passione che mettete. È un vissuto che si va ad esplorare.
Inter Club Torino 1963
Forse Il bar è stato prelevato nel 65 io ero iscritto nel club nel 71/72
Poi Valerio e’ diventato mio cognato perché ha sposato Donatella la sorella di mia moglie